Considerazioni di un baby boomer.

Certo che gliela abbiamo fatta grossa, noi nati nel dopoguerra, ai nostri nipoti. Per consentire loro di vivere in un pianeta che somigli a quello in cui siamo nati e vissuti noi, occorre che l’aumento della temperatura globale non superi i 2 °C; meglio se non supera i 1,5 °C. Per ottenere questo risultato occorre limitare le emissioni, e quindi ognuno di noi ha a disposizione una definita quantità gas di serra che può permettersi di emettere nel corso della sua vita. Ebbene, chi è nato nel 2017 può permettersi di emettere un ottavo di quanto ha emesso chi è nato nel 1950, per esempio (https://www.carbonbrief.org/analysis-why-children-must-emit-eight-times-less-co2-than-their-grandparents).

Cioè deve vivere in un altro modo, in un altro mondo. Un mondo in cui nessuno spreco è tollerato; in cui gli allevamenti intensivi non esistono, come non esiste l’agricoltura industriale e il modello di distribuzione del cibo ad essa legato. Un mondo in cui il riciclo è poca cosa perché i prodotti sono progettati e realizzati per durare, essere riparabili e riusabili. Un mondo con pochissimi aerei, perché si viaggia in treno, e in cui le merci non si spostano per migliaia di chilometri, in omaggio alla globalizzazione e agli interessi di pochi, ma si usano il più possibile vicino a dove sono state prodotte. Un mondo con città dall’aria pulita, tanto verde, poche auto, elettriche, a guida autonoma e in condivisione. Un mondo in cui la competizione è sostituita dalla cooperazione, e valori perduti, quale la sobrietà, tornano a esistere.

Un mondo che, alla fine, potrebbe rivelarsi migliore del nostro.