Gli scenari climatici europei vedono un deciso rafforzamento degli obbiettivi a medio e lungo termine. La proposta della Commissione di alzare al 55% la riduzione delle emissioni climalteranti al 2030 rispetto ai valori del 1990 e di puntare sulla neutralità climatica a metà secolo comporta un’accelerazione delle trasformazioni di una portata che sfugge a molti. Se inoltre aggiungiamo le dichiarazioni di Xi Jinping per una Cina carbon neutral al 2060, seguite dagli impegni di Giappone, Corea del Sud e Sudafrica si intravvede l’avvio di una rivoluzione globale.  E gli Usa, prima o poi, seguiranno…

“Efficiency First” si legge nei documenti della Commissione, perché è chiaro che per raggiungere obbiettivi così ambiziosi bisognerà rendere molto più efficiente l’uso dell’energia e delle risorse.

La Germania, ad esempio, si è data l’obiettivo di una riduzione del 30% dei consumi di energia primaria al 2030 e del 50% al 2050, rispetto al 2008. Raggiungere questi obbiettivi non sarà semplice, anche a causa dell’”effetto rebound”. Si consideri che le nuove case tedesche sono quattro volte più efficienti rispetto a quelle di quarant’anni fa, ma con consumi solo dimezzati perché sono aumentati i livelli di comfort. La riduzione teorica dei consumi derivante da interventi di efficienza deve tener conto che una parte del miglioramento si trasforma in temperature più elevate negli edifici, un periodo di riscaldamento prolungato e maggiori di ricambi d’aria.

Ed è significativo il fatto che la Germania, mentre ha superato di slancio i suoi obbiettivi sulle rinnovabili, sia piuttosto in ritardo sul versante dell’efficienza.

Obiettivi sempre più ambiziosi per l’efficienza

E veniamo all’Italia che nel Piano Energia Clima punta ad un valore dei consumi finali di 103,8 Mtep nel 2030. Considerando che nel 2018 il valore era di 116,4 Mtep, la riduzione alla fine del decennio dovrebbe essere dell’11%.

Ma, in realtà, i nuovi valori UE di riduzione delle emissioni al 2030 comporteranno uno sforzo anche più significativo. I consumi a livello europeo dovrebbero infatti passare dal -32,5% al -35,5% rispetto a quelli tendenziali calcolati nello scenario di riferimento Primes 2007.

Qualcuno potrebbe osservare che il Pniec già prevedeva un taglio dei consumi finali più alto, del 39,7%.  In realtà, la domanda italiana di energia, dopo la crisi del 2008, è calata del 14%, mentre quella europea solo del 4%.  Quindi, anche noi dovremo rimboccarci le maniche: il nuovo obbiettivo di riduzione al 2030 dovrebbe infatti innalzarsi almeno al 42%.

Soprattutto tenendo conto che nella Relazione della Commissione al Parlamento europeo relativa alla Valutazione 2019 dei progressi realizzati dagli Stati membri rispetto agli obiettivi nazionali di efficienza energetica per il 2020, l’Italia è inserita nella categoria dei paesi per i quali l’assolvimento ai rispettivi obblighi sembra improbabile.  E questo, malgrado l’Italia risulti particolarmente virtuosa per quanto riguarda sia il settore dei trasporti, dove il consumo di energia finale fa registrare un calo del 12% nel 2018 rispetto al 2005, che quello industriale.

Dobbiamo quindi impegnarci di più. E i margini di intervento ci sono.

Considerate le caratteristiche energetiche molto scadenti di larga parte del nostro parco edilizio, esiste infatti la possibilità di una significativa riduzione dei consumi.

Questo sforzo si collega del resto con gli obbiettivi della Renovation Wave, documento lanciato il 14 ottobre 2020 dalla Commissione.

Considerato che oggi il tasso medio delle superfici riqualificate energeticamente è solo dell’1% all’anno, la UE propone di raddoppiare questo tasso entro il 2030 e contemporaneamente di incrementare la riduzione specifica dei consumi per singolo intervento.  Il graduale aumento dell’impegno dovrebbe consentire di passare ad un aumento annuo dell’1,2% nel periodo 2023-2025 prima di stabilizzarsi almeno al 2%  nel 2026-2029.

Per capire le dinamiche dei consumi nel settore residenziale è interessante l’ultima analisi per l’Italia di Odyssee-Mure che ne evidenzia la disaggregazione nel periodo 2000-2017.

I consumi finali sono arrivati a 32,9 Mtep con una crescita di 5,3 Mtep. Due sono i fattori che hanno determinato l’incremento. Da un lato l’aumento della superficie riscaldata  ha portato ad un aumento di 4,5 Mtep, dall’altro il miglioramento delle condizioni di comfort ha contribuito con altri 4,3 Mtep. Questi incrementi sono stati però controbilanciati da interventi di efficienza energetica che hanno consentito di ridurre i consumi di 4,1 Mtep.

A questi risultati hanno contribuito le detrazioni fiscali, che hanno mobilitato il comparto edilizio con 42 miliardi € investiti dall’avvio dei meccanismi incentivanti nel 2007.

Si potrebbe però fare di più sul versante della riduzione dei consumi.

Pensando alle risorse europee del Recovery Plan, sarebbe saggio rivisitare l’attuale Ecobonus a partire dal 2022 in termini più ambiziosi dal punto di vista energetico andando progressivamente verso riqualificazioni energetiche spinte. I sostegni andranno infatti tarati in base alla loro sostenibilità economica, alla loro incisività e agli obiettivi di lungo termine.

E a proposito del lungo termine, va ricordato che l’Italia avrebbe dovuto notificare entro la fine di Marzo 2020 l’aggiornamento della propria strategia al 2050 per la ristrutturazione degli edifici.

Un esercizio importante per capire il percorso in salita che ci aspetta.  Ricordando però che l’uso intelligente dell’informatizzazione e della industrializzazione delle riqualificazioni potrà consentire di ridurre tempi e prezzi.

Analizzando poi l’andamento energetico nel settore industriale, va sottolineata la fortissima riduzione registratasi negli ultimi 17 anni. Tra il 2000 e il 2017 il calo dei consumi finali è stato addirittura del 31%.  Ricorrendo anche in questo caso alla scomposizione di Odyssee, si nota come la domanda sia calata del 18% a causa di modifiche strutturali e di chiusure di stabilimenti, in particolare dopo la crisi del 2008. Ma una quota anche superiore, pari al 24% dei consumi del 2000, è stata ottenuta proprio grazie ad interventi di efficienza energetica. A questi dati si deve aggiungere una incremento di consumi legati a nuove attività e a cambiamenti strutturali delle aziende. L’ultimo rapporto annuale dell’Enea sull’efficienza energetica (Raee 2020), evidenzia come il trend sia continuato, e che nel 2018 i consumi si siano ulteriormente ridotti del 2,5%.

Come dimostrano questi dati, il comparto industriale ha prestato una discreta attenzione agli interventi per ridurre i consumi. Gli audit energetici e i provvedimenti di incentivazione, fra cui i titoli di efficienza energetica, hanno aiutato il settore.  Anche se, come noto,  i certificati bianchi negli ultimi anni hanno evidenziato forti problematicità: nel 2019 si è registrato un calo del 24% dei titoli riconosciuti dal Gse.

Sempre dal Rapporto dell’Enea 2020 si evidenzia come, rispetto all’obiettivo per il periodo 2011- 2020 previsto dal Piano d’Azione dell’Efficienza Energetica, i risparmi energetici conseguiti con i vari strumenti a disposizione, incentivi e normative nel 2019 sono stati pari a circa 12 Mtep/anno.

Siamo cioè ad oltre i tre quarti dell’obiettivo finale al 2020 ma, mentre il settore residenziale ha già ampiamente superato l’obiettivo atteso al 2020, i trasporti sono a metà del percorso previsto.

Dunque, se è vero che si può e si deve fare di più nel settore civile, occorrerà nei prossimi anni prestare un’attenzione maggiore sul fronte della mobilità. Peraltro l’attuale crisi del Covid sta già dando indicazioni che porteranno a mutamenti comportamentali anche sul medio e lungo periodo.  Pensiamo ad esempio al larghissimo utilizzo dello smart working, e al potenziale grande spazio per il South working di chi ritorna al Sud e lavora per aziende del Nord o estere.

E va registrata anche l’espansione delle piste ciclabili e la forte crescita, grazie agli incentivi, delle vendite di biciclette che nel 2020  potrebbero superare i due milioni, quasi 350.000 in più rispetto al 2019.

E sempre il Covid ha messo in evidenza le criticità del trasporto pubblico e la necessità di un suo deciso rafforzamento. Ed è probabile anche un forte aumento delle soluzioni in sharing.

Infine, c’è da aspettarsi nei prossimi anni un boom delle auto elettriche. E’ emblematico il dato di settembre sulle vendite europee che evidenzia per la prima volta il sorpasso delle auto elettrificate nei confronti del diesel, crollato a poco meno del 25% del mercato.

Il nuovo Bauhaus europeo: unire sostenibilità e bellezza

Un messaggio che ha colpito molto nel documento della Renovation Wave è l’intenzione di abbinare stile e sostenibilità energetica, con una spinta per il design e i materiali sostenibili.   Viene fatto un riferimento, già preannunciato dalla Von der Leyen, alla straordinaria esperienza del Bauhaus che ambiva ad insegnare “che chiunque ha diritto di accesso all’”abitare felice”: non importano estrazione sociale, stipendio o mansione lavorativa, tutti devono poter vivere in un luogo che sappia assecondare le loro esigenze in maniera funzionale e che non appaia sgradevole, condensando utilità ed eleganza sperimentale in un unico progetto”.

Una scuola, soffocata poi  dal nazismo, che ha plasmato generazioni di architetti e designers.

Vedremo comunque come evolverà questa suggestione. Certo, in un momento in cui l’Europa rafforza il suo ruolo, pensiamo all’impegno sul clima, il tentativo di connotare la transizione anche dal punto di vista culturale ha un suo fascino.

Potrebbero crearsi gruppi di ingegneri, architetti, paesaggisti, artisti, sociologi, psicologi. E penso che diverse istituzioni, Ministeri, Regioni o Comuni, si agganceranno con proposte operative al messaggio europeo. 

Abbiamo interi quartieri da risanare, edifici da abbattere e ricostruire, si dovrà ripartire con una nuova edilizia popolare.  Insomma,  non mancheranno le opportunità per declinare lo spirito dello Bauhaus anche nel nostro paese.

Abbinare efficienza e “sufficienza”

A fronte di obbiettivi climatici sempre più ambiziosi, si dovranno abbinare agli interventi tecnologici per aumentare l’efficienza, quelli comportamentali per ridurre la domanda. Cioè coniugare all’efficienza la “sufficienza”. Secondo Wolfgang Sachs, «mentre l’efficienza consente di fare bene le cose, la sufficienza implica che si facciano cose giuste». In modo più efficace, in inglese “while efficiency is about doing things right, sufficiency is about doing the right things”.

Ovvero, si devono individuare le soluzioni più idonee e commisurate alle reali necessità.  Se compro un Suv a bassi consumi, non è detto che il suo impatto climatico sia inferiore rispetto alla utilitaria che ho appena rottamato.

Una vita più sobria, come ci ricorda anche papa Francesco, sarà una componente importante nel raggiungimento di obiettivi climatici molto ambiziosi.

Efficienza e rinnovabili

Infine, per avere una visione d’insieme è utile capire le interazioni tra la riduzione dei consumi e la diffusione delle rinnovabili. 

I nuovi obiettivi al 2030 comporteranno una percentuale di elettricità verde vicina al 65% dei consumi contro l’attuale quota del 35%.

Si dovranno quindi realizzare, oltre ad un paio di milioni di installazioni di piccola scala distribuite sul territorio, anche grandi parchi eolici e fotovoltaici. Ma chi si oppone alla diffusione delle centrali solari ed eoliche sostiene, giustamente, che occorrerebbe prima spingere al massimo sulla riduzione dei consumi. 

Si deve però osservare che anche se le politiche di efficientamento riguarderanno certamente elettrodomestici, motori elettrici, illuminazione… la domanda di kWh crescerà comunque a causa della elettrificazione dei consumi. Pensiamo alla diffusione delle auto elettriche o delle pompe di calore.

Quindi, nello scenario virtuoso dei prossimi decenni si vedrà una riduzione complessiva dei consumi grazie a un miglioramento dell’efficienza/sufficienza, ma anche un aumento della domanda elettrica.

E una crescita esplosiva delle rinnovabili.

Articolo pubblicato sul numero 3/2020 di Energia ambiente e innovazione (ENEA)